Neet: suggestioni, buone pratiche ed esempi virtuosi
- 15 Marzo 2022
- Pubblicato da: SEMI
- Categoria: News


In questo articolo verrà approfondita la tematica dei NEET attraverso lo studio e la ricerca di buone pratiche emerse da precedenti progetti ed esperienze maturate in ambito sia nazionale che regionale.
In particolare, analizzeremo il report “I NEET in Italia. Dati, esperienze e indicazioni per efficaci politiche di attivazione” di Alessandro Rosina e a cura di StartNet – Network transizione scuola-lavoro (StartNet è una rete per la transizione scuola-lavoro nata nel 2017 per dare una risposta propositiva alla problematica dei NEET, raccogliendo buone pratiche da vari Paesi europei. I motori dell’iniziativa sono la fondazione tedesca Stiftung Mercator il cui obiettivo è sostenere i giovani in Europa nel loro percorso verso le pari opportunità da cittadini democratici, e il Goethe-Institut, l’istituto di cultura ufficiale della Repubblica Federale Tedesca, che coordina le attività del network. Grazie a StartNet, in Puglia e in Basilicata sono nati progetti pilota sull’orientamento consapevole già dalla scuola primaria, corsi di formazione per docenti, iniziative di cooperazione tra scuole e imprese e proposte di politiche attive per prevenire la condizione di NEET o addirittura di drop-out) e poi verrà analizzato il modello delle doti educative di Save the children.
Collega-menti: l’importanza del fare rete e dell’aver cura
“C’è pure chi educa, senza nascondere
l’assurdo ch’è nel mondo, aperto ad ogni
sviluppo ma cercando
d’essere franco all’altro come a sé,
sognando gli altri come ora non sono:
ciascuno cresce solo se sognato.”
Danilo Dolci
Uno degli aspetti più preoccupanti del fenomeno dei NEET è la condizione psicologica che spesso accompagna ragazze e ragazzi: dis-orientamento, spaesamento, inutilità e sensazione di essere stati abbandonati dalla società e dalle istituzioni.
Per intervenire, o meglio, per prevenire questa condizione una possibile strategia è quella di porre più attenzione sugli aspetti della cura (intesa qui soprattutto come vicinanza), e della rete di legami (far sentire la persona coinvolta in più realtà, più esperienze, più percorsi legati tra di loro).
Come sostiene Alessandro Rosina, professore ordinario di Demografia e Statistica sociale nella Facoltà di Economia dell’Università Cattolica di Milano: «Le iniziative di maggior successo nei confronti dell’attivazione dei giovani, anche quelli più disorientati e con competenze carenti, non sono quelle che li identificano come categoria svantaggiata o emergenza sociale. Sono invece quelle in grado di far leva sui loro interessi, sensibilità e desideri. Per riuscirci serve un patto tra i giovani NEET, le realtà che operano sul territorio e le istituzioni».[1]
Proprio per questi motivi, cercheremo qui di analizzare dei progetti e delle esperienze che hanno saputo cogliere questi aspetti (la cura e la collaborazione) e ne hanno valorizzato i risultati contribuendo così a solidificare delle buone prassi o a crearne di nuove. Nell’ambito della prima esperienza qui considerata, il già citato report “I NEET in Italia. Dati, esperienze e indicazioni per
efficaci politiche di attivazione” sono state individuate alcune indicazioni utili per futuri programmi e progetti nazionali e locali[2] (una sorta di vademecum ricco di spunti e informazioni da tenere in considerazione se si lavora con i giovani NEET)[3]; vediamo, nel dettaglio, quali sono:
- Misure fondate sulla conoscenza delle realtà dei giovani NEET;
- Strategie di ingaggio positive e propositive; (partire dagli interessi e dai desideri dei giovani).
- Esperienze di confronto tra pari; (Soprattutto i giovani più fragili hanno bisogno di momenti di interazione libera, di apprendimento informale, di sperimentazione di ruoli e abilità senza tensione e ansia. Hanno bisogno anche di confrontarsi con coetanei nelle stesse condizioni per sentire che quanto stanno facendo è un’esperienza condivisa, sentirsi meno isolati e trovare stimolo dai risultati di altri simili a sé).
- Trovare leve motivazionali adeguate;
- Inserire i giovani in percorsi virtuosi di crescita; (I programmi che si rivolgono ai NEET non possono essere solamente considerati come un’attività da fare in alternativa a non far nulla. Una parentesi che dopo che si chiude, lascia abbandonati a sé stessi, con aspettative frustrate: ciò rischia di far perdere ulteriormente fiducia in sé stessi e nelle politiche di attivazione).
- Sfruttare le politiche di attivazione dei NEET come innovazione sociale; (L’approccio più promettente per le politiche giovanili di attivazione è quindi quello finalizzato a rafforzare nei giovani l’occupabilità, la progettualità, l’intraprendenza e il senso di appartenenza sociale).
- Coordinarsi a livello centrale ma fare rete con le implementazioni locali; (Le politiche migliori non sono quelle che si limitano a replicare ciò che ha avuto successo altrove negli anni scorsi, ma in grado di adattarsi alle specificità del territorio guardando alle esigenze dei prossimi anni).
- Azioni diversificate per categorie di NEET diverse; (Tale eterogeneità riguarda sia le caratteristiche individuali ovvero genere, cittadinanza, titolo di studio, condizioni della famiglia di origine, sia la fase in cui la persona si trova, che non corrisponde solo all’età, ma al punto del percorso della transizione scuola-lavoro e più in generale della transizione alla vita adulta).
- Prevenire la condizione di NEET; (Vanno previste misure specifiche per ridurre il flusso di chi entra nella condizione di NEET, soprattutto preventive, nella fase di uscita dal percorso scolastico. Sono utili strategie che identificano i giovani a rischio di drop-out, offrendo supporto attivo ed eventuali soluzioni alternative che bilanciano in diversa misura formazione ed esperienza lavorativa).
- Strategie mirate di intercettazione dei giovani a rischio; (Per intercettare i giovani NEET vanno sviluppate strategie mirate (outreach), in coloklaborazione tra centri per l’impiego, associazioni e organizzazioni che operano sul territorio, usando sia canali di prossimità, sia social network e più in generale canali legati alla rete e alle nuove tecnologie di comunicazione. Con modalità molto smart, leggere, anche ironiche (utili anche testimonial riconosciuti dai giovani e in grado di attirare la loro attenzione). Anche queste strategie possono beneficiare molto del coinvolgimento dei giovani stessi, sia potenziali beneficiari sia giovani con esperienza di attivazione).
- Proposte alternative al lavoro sommerso (In alcune aree è fondamentale offrire una proposta di ingaggio che sia più appetibile rispetto al lavoro sommerso, svolto spesso in relazione con conoscenti influenti e su attività che sembrano dare appagamento di breve periodo e prestigio nella rete ristretta, ma che relegano in un presente di espedienti senza futuro. Va prevista una rigorosa valutazione dell’impatto che ha la funzione non tanto di giudicare il programma ma di considerarlo come parte di un processo di miglioramento continuo della capacità delle politiche di mettersi in relazione con il mondo complesso e in mutamento delle nuove generazioni a favore di un loro ruolo attivo nel mondo del lavoro).
Questo elenco, dunque, offre sicuramente dei saldi punti di partenza per la costruzione di percorsi programmati ad hoc per progetti rivolti ai giovani, soprattutto per chi è nella condizione di NEET.
Fin qui, dunque, abbiamo visto delle prime indicazioni di carattere prevalentemente operativo. Passiamo ora all’analisi di un’ulteriore esperienza: quella ideata da Save the children che ha aperto, a partire dal lancio della campagna “Illuminiamo il Futuro” nel maggio 2014, 13 Punti Luce cioè centri ad alta densità educativa ubicati in territori particolarmente svantaggiati, privi di servizi e opportunità per i minori. Accanto a questa iniziativa di tipo comunitario-territoriale, l’organizzazione ha avviato un intervento di tipo individuale-personalizzato, fornendo una dote educativa (consistente in contributi per l’acquisto di libri e kit scolastici, strumenti musicali, per l’iscrizione a corsi sportivi, campi estivi, gite scolastiche…) a bambine/i e adolescenti che vivono in condizione certificate di povertà. La dote educativa è un “piano individuale di aiuto” che si concretizza nella fornitura di beni e servizi educativi per bambine e bambini, ragazze e ragazzi che vivono in condizioni di povertà, la dote è “personalizzata” per ogni singola/o ricevente secondo le differenti fasce d’età e le specifiche necessità e/o bisogni.
La dote educativa comprende:
- sostegno per acquisto di libri di testo, kit scolastici (quaderni, colori, zainetti,..), giochi educativi, strumenti musicali, etc;
- sostegno per le spese extra – scolastiche (ad es. gite, campi estivi, attività non curriculari, etc);
- abbonamenti gratuiti per corsi, attività sportive, e attività di educazione musicale;
- utilizzo del computer e libero accesso alla connessione internet;
- monte ore di sostegno allo studio individuale (anche tramite volontari);
- sostegno a spese di trasporto (per raggiungere la scuola e altri centri).
Il modello delle doti educative è anche quello che ha ispirato l’hub delle realtà che costituiscono il progetto SEMI. (Social Empowerment Makes Innovation). Tale progetto infatti, offre percorsi formativi e professionalizzanti per singoli e organizzazioni che vogliono arricchire il loro bagaglio di esperienze personali, sociali e lavorative e gli utili generati dalla vendita dei nostri servizi vengono reinvestiti in borse di studio e lavoro a favore di adolescenti e giovani NEET. Il progetto SEMI è anche una start-up di attività imprenditoriali a sfondo etico e solidale che attraverso la vendita di servizi commerciali e generativi di reddito vuole contribuire allo sviluppo culturale, sociale ed economico della città.
[1]http://www.vita.it/it/article/2020/07/06/neet-gli-11-errori-da-non-fare/156108/
[2]Cfr. Policy paper Politiche di attivazione per NEET (consultabile al link: https://www.start-net.org/it/portfolio/policy-paper-politiche-di-attivazione-neet).
[3]Le raccomandazioni anticipano i punti principali del nuovo pacchetto legislativo A Bridge to Jobs proposto dalla Commissione Europea per sostenere l’occupazione giovanile e combattere l’aumento della disoccupazione degli under 29 (consultabile al link: https://eur-lex.europa.eu/legal-content/EN/TXT/?qid=1593689034771&uri=COM%3A2020%3A276%3AFIN).